Finalmente, quasi allo scadere del tempo utile, la mostra chiude il 20 settembre, sono riuscita a visitare la retrospettiva che la sua città dedica a uno dei maggiori esponenti dell’astrattismo a livello mondiale: Agostino Bonalumi (1935-2013)

Palazzo Reale ospita ben 120 opere, molte di grandi dimensioni che illustrato in modo magistrale il percorso creativo dell’artista sin dalla fine degli anni ‘50 quando insieme a Enrico Castellani e Piero Manzoni cercavano un nuovo linguaggio dell’arte.

L’esposizione, nata su un progetto del Comune di Milano – Cultura in collaborazione con Palazzo Reale, il Museo Novecento e l’Archivio Bonalumi e curata da Marco Meneguzzo, pur non seguendo uno stretto criterio cronologico riesce a tracciare un filo conduttore che segue l’evoluzione della ricerca di Bonalumi, volta a superare la bidimensionalità.

Estremamente interessante seguire il percorso di modifica della superficie: aggiungendo qualcosa come in questo Red del 1957

Agostino Bonalumi, Rosso, tecnica mista su tela, 1957, 49x 69 cm, collezione privata

o scendendo nelle visceri come in questa del 1958

cof

Agostino Bonalumi, Senza titolo, 1958,cemento e sterpi, 190×113 cm, collezione privata

Da qui il passo verso la estroflesssione è breve ma avviene dolcemente come un passaggio non scontato da una soft, dai contorni un po’ incerti come in questo Black

Agostino Buonalumi, Nero , 1961,tela estroflessa e tempera vinilica su tela, 75×60 cm, collezione privata

Poi, in qualche modo, estroflessione esplode. Le opere diventano grandi, dai contorni precisi che creano incredibili giochi di luce. Guardate questo Giallo:

cof

Agostino Bonalumi, Giallo , 1969,tela estroflessa e tempera vinilica su tela, 100x 200 cm, collezione privata

o questo Blu abitabile

cof

Agostino Bonalumi, Blu abitabile , 1967,tela estroflessa e tempera vinilica su tela, 300x 70 cm ciascuno, collezione privata

E poi si arriva alla tridimensionalità pura come in questo Red

Agostino Bonalumi, Rosso, 196-2005,vetroresina, 140x180x120 cm, collezione privata

Una mostra da vedere assolutamente per entrare nel linguaggio della contemporaneità, per comprendere meglio l’arte di uno dei più importanti rappresentanti dell’arte italiana del secondo Novecento e oltre.