Milano riprende quota. Dopo alcune stagioni di rassegne irrilevanti e mostre “vorrei ma non posso” (nomi di grande richiamo, ma pochissimo arrosto), ha approntato un menu autunnale di tutto rispetto, in cui la parte del leone spetta, com’è giusto che sia, a Palazzo Reale. Lì davvero c’è l’imbarazzo della scelta: tre mostre una più interessante dell’altra. La più grande è dedicata, fino al 2 febbraio prossimo, a Marc Chagall e al suo fiabesco, soave intreccio di suggestioni slave, mitteleuropee ed ebraiche.

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            Marc Chagall, La passeggiata, 1917-1918, olio su tela, State Russian Museum, San Pietroburgo © Chagall ®, by SIAE 2014
 Ben 220 dipinti, tra cui moltissimi capolavori provenienti dai maggiori musei del mondo, illustrano temi e magistero dell’artista russo. Difficile fare meglio.

Poi c’è il grande Van Gogh, sia pure limitato a uno dei suoi Leitmotiv: l’infuocato rapporto con la natura e le stagioni, lo sguardo d’amore sulla vita degli umili e dei contadini.

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Vincent van Gogh, La vigna verde, olio s u tela, cm 73,5x 92,5, 1888, Kröller-Müller Museum Otterlo  ©  Kröller-Müller Museum Otterlo

Van Gogh. L’uomo e la terra si intitola la mostra-studio (in cartellone fino all’8 marzo) corroborata da una cinquantina di opere, tra cui non mancano alcuni celebri ritratti e autoritratti.

Infine, da non perdere, la più grande retrospettiva mai allestita in Italia di Giovanni Segantini, trentino di Arco formatosi a Brera e morto di peritonite, in Engadina, a soli 41 anni. Vi sono perfettamente scanditi e collegati snodi, stimoli e fondamenti di una progressione costante: dalle vedute naturalistiche degli esordi alla svolta divisionista, al simbolismo allucinato, e insieme elegantissimo, contiguo alla pittura dei preraffaelliti, delle ultime, colossali tele.

24. Segantini L'amore alla fonte della vita

 

                        SEGANTINI, L’Amore alla fonte della vita, 1896, olio su tela, 70 x 100 cm , Milano, Galleria d’Arte Moderna

Un percorso, aperto fino al 18 gennaio, che evidenzia come la vecchia matrice verista conviva a lungo con quella nuova, a volte con effetti contrastanti all’interno della stessa opera; come l’umanitarismo delle origini converga con il misticismo panteistico della maturità; e, infine, come il tema della maternità resti nodale per Segantini fino all’ultimo quadro. Madre e natura-madre.

Ma l’autunno milanese non si ferma ai maestri del passato ormai remoto. Sotto i riflettori del Museo del Novecento vengono posti a confronto due padri dell’avanguardia europea del Secondo Dopoguerra (Klein Fontana. Milano-Parigi, 1957-1962), i più importanti, probabilmente, nel cruciale passaggio dagli Anni ’50 ai ’60: il francese Yves Klein

Tryprique © Yves Klein ADAGP

Yves Klein, Triptyque de Krefeld,1961,Cartoncino colorato, pigmento e foglia d’oro tre fogli ,32 × 23,5 cm ciascuno,
Collezione privata,© Yves Klein / ADAGP, Paris 2014

 e l’italoargentino Lucio Fontana: amici e, sia pure a distanza, compagni di strada. E’ una mostra di piccole dimensioni, ma efficace nel dimostrare analogie e punti di contatto nella ricerca di due artisti che inseguivano, e perseguivano, l’Assoluto. Il parallelo chiude il 15 marzo.
Un altro immenso maestro di quegli anni, lo svizzero Alberto Giacometti, viene omaggiato dalla Galleria d’arte moderna di via Palestro con una selezione delle celebri sculture filiformi sparpagliata tra le opere del museo (fino al 1° febbraio). Buona l’intenzione, ma trattasi in concreto dell’ennesimo tentativo di nozze con i fichi secchi.
Meglio (nel senso della completezza) l’omaggio che l’Hangar Bicocca tributa, fino al 1° febbraio, a una pioniera della video art, l’americana Joan Jonas: dieci installazioni e nove video, di cui uno inedito. Milano: di tutto, di più, quest’autunno. Quasi da non crederci.
Dario Biagi